Natura

Nel cuore della Sardegna settentrionale, a un passo dalla più conosciuta Costa Smeralda, il Monte Acuto, vasta regione situata tra Gallura e Logudoro, il cui nome deriva da un irto colle vicino al paese di Berchidda,

Descrizione

Nel cuore della Sardegna settentrionale, a un passo dalla più conosciuta Costa Smeralda, il Monte Acuto, vasta regione situata tra Gallura e Logudoro, il cui nome deriva da un irto colle vicino al paese di Berchidda, attende solo di svelare al visitatore le sue bellezze nascoste e di stupire con i suoi paesaggi mozzafiato.
Mirabile risultato dell’interazione tra una grande diversità ambientale e la millenaria azione umana, il paesaggio del Monte Acuto si presenta come un complesso mosaico di ambienti.
Sugli aspri rilievi granitici, particolarmente imponenti nel versante sud del monte Limbara, estesi rocciai, regno del muflone e dell’aquila reale, attendono i visitatori più audaci: un silenzio arcano e orizzonti immensi, insieme a bizzarre sculture di pietra create dal vento, saranno la sorpresa più bella di queste creste rocciose.
Qui si rifugiano rari endemismi vegetali e animali, come l’armeria sarda, il pancrazio, la ginestra còrsa, la lucertola del Bedriaga. Le pendici di questi monti ospitano distese di macchia mediterranea e garighe dagli intensi profumi e dai colori sgargianti. Qui vivono poiane, pernici, lepri, volpi e cinghiali.


Paesaggi
La grande biodiversità del territorio della Comunità Montana del Monte Acuto, riconducibile a fattori di carattere geomorfologico e climatico, si manifesta sia a livello di specie sia a livello di habitat e di paesaggi. La geologia del territorio è varia e complessa. La fisionomia dei comuni di Buddusò, Pattada, Alà dei Sardi, Oschiri e Berchidda. Nel settore granitico troviamo i rilievi più elevati e aspri, come il Limbara, Monte Lerno e i Monti di Alà, ma anche estesi altipiani come quello di Buddusò, dove nasce il fiume più lungo della Sardegna, il Tirso. Ovunque i corsi d’acqua, stagionali o perenni, hanno modellato il paesaggio e formato pianure alluvionali di varie dimensioni. La vegetazione non è disposta a caso: foreste di leccio sui graniti, sugherete negli altipiani granitici e vulcanici, boschi di roverella sugli scisti e sulle colline calcaree, boschi di olmo e pioppo nelle pianure alluvionali, saliceti e ontanete lungo i corsi d’acqua.


La pianura
Sul territorio da tempi remoti si è esercitata l’azione dell’uomo che, dapprima con la scure, la zappa, l’aratro ed il fuoco, in seguito con mezzi più moderni, ha modificato molti ambienti cercando di adattarli alle proprie esigenze e comunque aumentando la biodiversità. In luogo dei boschi, un tempo molto più estesi, si sono formati macchie, garighe e pascoli.
Ma anche questi ambienti derivati dall’azione dell’uomo mantengono una profonda relazione col territorio e col clima: macchie a corbezzolo ed erica arborea in luogo delle leccete, macchie a mirto in sostituzione di antiche sugherete, siepi e cespuglieti di biancospino e rosa selvatica al posto dei querceti. Il gheppio, l’occhione e la gallina prataiola (altrove ovunque estinta) sono gli uccelli più legati a questi ambienti.

Piana di Oschiri
La presenza in quest’area di ambienti steppici mediterranei seminaturali, in grado di dare rifugio e alimento a specie animali di importanza Comunitaria, rende questo Sito di estremo interesse per la tutela della biodiversità a livello Comunitario.

 

La collina
Questo è il paesaggio della sughera, il cui ’frutto’, il sughero, è stato utilizzato dall’uomo fin dalle antiche civiltà pastorali quale materiale d’elezione per molteplici usi.
Camminare in una sughereta appena decorticata, in cui il rosso dei fusti contrasta con il verde ceruleo delle chiome, rimarrà per chiunque uno spettacolo indimenticabile. Un mare d’erba: queste sono vallate e pianure dove pascoli sconfinati, incorniciati da una fitta
trama di muri a secco, sono il segno più evidente della presenza dell’uomo. Le ricche fioriture di asfodelo, orchidee e papaveri dominano la primavera, mentre a inizio estate è l’uomo, con la fienagione, a imprimere geometrie regolari ai campi.

Colline di Oschiri con pascolo intensivo.
Sulle colline orientali del Monte Acuto, naturalmente occupate da sugherete, le attività umane hanno portato spesso all’eliminazione del manto boschivo e alla sua sostituzione con distese di pascoli che determinano un nuovo assetto ambientale, a volte eccessivamente "piatto" ed ecologicamente semplificato.

 

La montagna
La sensibilità del visitatore sarà colpita dall’incontro con il bosco mediterraneo, la lecceta, di cui rimangono vetusti lembi nell’Oasi di protezione faunistica di Filigosu (Òschiri), nei versanti del Limbara (Berchidda), dove è in fase di completamento un arboreto delle specie mediterranee, e sui monti di Alà dei Sardi.
Inoltrarsi in uno di questi monumenti naturali consente un tuffo nel passato: giochi di luci avvolgono lecci secolari ammantati di muschi, ai cui piedi spuntano profumatissimi ciclamini e violette, mentre negli angoli più freschi crescono l’agrifoglio, il tasso e la rara rosa di bosco, la peonia. L’incontro con animali elusivi, come il topo quercino, la martora, l’astore, la ghiandaia e il picchio rosso, sarà avvincente quanto fugace.
Altro elemento caratterizzante l’ambiente sono i vasti altipiani, vulcanici e granitici, fra i quali domina quello di Buddusò, dove nasce il fiume sardo più lungo, il Tirso.

Il massiccio granitico del Limbara
rappresenta il complesso montuoso più elevato della provincia di Sassari (Punta Balestrieri m 1359) e costituisce un confine naturale tra Monte Acuto e Gallura. Si tratta della manifestazione più imponente del ciclo orogenetico ercinico sardo-corso.

Falesia
L’ambiente montano delle falesie, con alti dirupi difficilmente raggiungibili per l’uomo, offre rifugio a molti uccelli rapaci che qui costruiscono i loro nidi dai quali si lanciano a caccia di prede nelle valli sottostanti.

 

L'acqua
Pur privo di sbocco sul mare, il territorio del Monte Acuto ha un rapporto privilegiato con l’acqua.
Sorgenti e torrenti in montagna, fiumi e laghi artificiali nelle valli: fra tutti domina il lago del Coghinas, ma tanti altri di piccole e medie dimensioni, come Sos Canales, sono inseriti in un paesaggio pittoresco e rappresentano scenari ideali per momenti di relax. Gli ambienti fluvio-lacustri richiamano una fauna ricca: specialmente in autunno-inverno sarà possibile osservare garzette, aironi cinerini, gallinelle d’acqua, folaghe e anatre.
Negli ultimi decenni l’azione dell’uomo sull’ambiente è stata ancora più incisiva: l’esempio più rilevante è dato dalle opere di bonifica, che hanno riguardato molte zone pianeggianti dell’isola, e i numerosi invasi artificiali creati per l’approvvigionamento idrico, fra cui il Lago del Coghinas, che vanno considerati come parte integrante del paesaggio.
In questo paesaggio, inteso come sistema di ecosistemi derivati dall’interazione di numerosi fattori fisici e biologici, si sono inseriti gli organismi viventi, in rapporto dinamico fra loro, con l’ambiente fisico e con l’uomo.

Lago del Coghinas.
Il lago artificiale del Coghinas, realizzato nel 1927, con 250 milioni di m³ d’acqua ed un bacino di drenaggio di 1900 km², è il secondo lago artificiale della Sardegna. Ricade nel bacino idrografico del fiume omonimo, la cui superficie è di 2.476 km², con un volume d’acqua utilizzabile di 800 milioni di m³ all’anno.

 

Percorsi
È stato scritto che ciò che distingue il "turista" dal "viaggiatore" sia il desiderio di quest'ultimo di conoscere un luogo non soltanto da osservatore superficiale, ma come colui che annusi gli odori, si lasci abbagliare dai colori, segua le suggestioni dei suoni di un territorio o di un Paese.

 

Passeggiate
Il Monte Acuto, per la sua grande diversità ambientale e il clima mite, è un luogo ideale per le attività all’aperto. L’inverno, altrove grigio, è adatto per una pedalata, magari con il binocolo al collo. In primavera, per colline e altipiani, profumi e colori accompagneranno una passeggiata a cavallo attorno al lago del Coghinas, mentre un fascino antico ci avvolgerà sull’altopiano di Buddusò, tra sugherete piegate dal vento, alla scoperta delle sorgenti del Tirso. La montagna ci aspetta d’estate: sulle vette rocciose dove la brezza non manca mai, o alla scoperta di boschi secolari come quello presso la fonte Rodè sul monte Lerno e le valli boscose di Bolostiu e le leccete sotto punta di Senalonga, verso il villaggio di Badde Suelzu, sui monti di Alà dei Sardi.

 

Il lago del Coghinas
Il lago del Coghinas, creato nel 1927 dallo sbarramento del fiume più importante della provincia di Sassari, con i suoi 250 000 000 m³ d’acqua e un bacino di drenaggio di 1900 km², è il secondo lago artificiale sardo. Il fiume Coghinas nasce sotto punta Palai (Bolotana, NU): nel primo tratto scorre parallelamente alla catena montuosa del Marghine-Goceano e viene chiamato Rio Mannu di Ozieri.
Nella piana di Chilivani riceve le acque del Rio Mannu di Òschiri e del Rio Mannu di Berchidda e assume una fisionomia fluviale, acquisendo il nome definitivo. Dopo un percorso di 123 km sfocia nel golfo dell’Asinara. Per le caratteristiche del suo reticolo idrografico è considerato il fiume per eccellenza del Monte Acuto, elemento di unione di tutto il territorio: il suo corso sinuoso ha formato la piana di Chilivani, il cui paesaggio contrasta con gli acuti monti granitici circostanti.
Sebbene sia un invaso artificiale, il lago del Coghinas ha arricchito la diversità ambientale del Monte Acuto: rappresenta un habitat im-portante per numerose specie ac-quatiche, specialmente uccelli mi-gratori che in inverno affollano in stormi le sue acque tranquille.
Ma il Coghinas rappresenta anche un’importante risorsa economica: oltre a essere una riserva idrica in-sostituibile, costituisce una notevole attrazione turistica. Sci nautico, canottaggio, pesca sportiva e bird-watching sono attività che il visitatore può praticare in tutte le stagioni, in un connubio tra sport e natura dall’indubbio effetto benefico.

 

Parchi naturali
Lo sviluppo economico del Monte Acuto passa anche attraverso la valorizzazione delle risorse boschive. Tuttavia non sempre queste risorse sono state oggetto di tutela. La primitiva copertura vegetale del Monte Acuto, infatti, ha subito nei secoli scorsi un notevole degrado a causa d'incendi e disboscamenti. Oggi, grazie, all’intervento operato da aziende pubbliche e private, la consistenza boschiva del territorio è ancora molto rilevante. Zone come i monti d’Alà e di Buddusò è il versante oschirese del Limbara sono stati oggetto di rimboschimento con effetti immediati sia sul paesaggio sia sullo sviluppo economico del territorio.
L’Ente Foreste della Sardegna ha posto sotto tutela vaste aree del territorio, alcune delle quali recintate e visitabili. Numerose Stazioni Forestali presidiano le aree del Monte Limbara (Berchidda), Monte Olia - Bolostiu - Terranova (Berchidda, Monti, Alà dei Sardi), Coiluna - Loelle (Alà dei Sardi, Buddusò), Sa Linna Sicca, Sa Conchedda (Pattada, Buddusò). In particolare l’area di SU FILIGOSU (Oschiri) si estende per circa 4.000 ettari e comprende una fitta presenza di macchia mediterranea alternata a vegetazione ad alto fusto con sugherete e conifere. All’interno di quest’oasi naturalistica vive una ricca fauna con daini, cervi, cinghiali, aquile, falchi pellegrini. Sono possibili numerose passeggiate lungo sentieri tracciati.

 

Ambiente
In ogni habitat è possibile identificare delle specie animali e vegetali maggiormente rappresentative: il pancrazio, il timo, la ginestra corsica, la lucertola del Bedriaga, il muflone e l’aquila reale nei rocciai di vetta; il leccio, la sughera, la roverella, il topo quercino, la martora, l’astore, la ghiandaia, il picchio rosso nei boschi; il corbezzolo, l’erica arborea, il mirto, la lavanda, la poiana, la pernice, la lepre, la volpe e il cinghiale nella macchia; le rosacee spinose e il riccio europeo nelle siepi; l’orchide acquatica e la cicogna nei pascoli umidi; l’orchide cornuta, l’asfodelo, la scarlina, il gheppio, la gallina prataiola e l’occhione nei pascoli aridi; il giglio acquatico, il ranuncolo d’acqua, la ninfea comune, la garzetta, l’airone cinerino e la gallinella d’acqua nei laghi.

 

Piante officinali
Le piante officinali sono specie spontanee molto diffuse nei climi mediterranei, grazie allo sviluppo di meccanismi di difesa dall’aridità (cere e olii essenziali) o da organismi patogeni (tannini), che l’uomo ha imparato a sfruttare. Il Monte Acuto è ricco di queste essenze, alcune specie comuni, altre rare o endemiche. Anche se l’uso farmaceutico è quello più conosciuto, in realtà le piante officinali comprendono essenze utili nei campi più svariati, come cosmetica, tintoria, profumeria, cucina. Molti usi attuali, anche industriali, sono la versione ’moderna’ di pratiche ancestrali. Visitare il Monte Acuto significa anche apprezzarne la grande biodiversità vegetale e conoscerne gli antichi usi popolari. Fra le più importanti specie a uso farmaceutico, la digitale (Digitalis purpurea L., stracchiddaddori in sar-do), pianta biennale dalla splendida fioritura purpurea, contiene glicosidi ad azione cardiotonica, estratti dalle foglie basali raccolte da piante in fiore. Molto usato in passato il salice rosso (Salix purpurea L.), arbusto dei corsi d’acqua collinari, di cui venivano fatti decotti, a uso antiepiretico, antisettico e antireumatico, con la corteccia dei giovani rami.
Nell’ambito dell’attività tintoria era notevole l’uso dell’ontano nero [Alnus glutinosa (L.) Gaertner, alinu in sardo], albero a foglie caduche che, lungo fiumi e torrenti, crea boschi a galleria. La corteccia e i giovani rami, per l’elevato contenuto in tannini, erano utilizzati in tutta la Sardegna per colorare di nero l’orbace e la lana.
La lavanda selvatica (Lavandula stoechas L.), piccolo arbusto sempreverde delle garighe collinari, grazie ai suoi olii essenziali veniva tradizionalmente usata nella profumeria. Sia i fiori sia le foglie di questa specie erano utilizzati come antitarmico per la biancheria. Infine, nell’ambito alimentare primeggia il timo (Thymus herba-barona L.), suffrutice prostrato endemico dei monti sardi e còrsi, dove vive al di sopra degli 800 metri sui substrati silicei; viene utilizzato nella cucina tradizionale, oltre che in campo farmaceutico, liquoreria e cosmetica.

 

Funghi
Avvolti da sempre da un alone di magia e di leggenda per la loro imprevedibile comparsa, i funghi, sono da qualche decennio oggetto anche in Sardegna di approfonditi studi che rendendoli meno misteriosi hanno chiarito, almeno nelle linee essenziali, il ruolo che essi svolgono nel complesso meccanismo della vita. I funghi sono intimamente legati alla vegetazione per la loro incapacità di auto-nutrirsi grazie all’assenza di clorofilla. Sono dunque organismi dipendenti e il loro rapporto con la vegetazione ne condiziona la distribuzione e definisce la presenza delle varie specie nei diversi ambienti. L’area compresa nella VI Comunità Montana del Monte Acuto è dal punto di vista micologico di grandissimo interesse.
Lo è per la sua posizione geografica, per le caratteristiche morfologiche, per il clima e per la particolarità della vegetazione. I boschi, soprattutto quelli di sughera (Quercus suber) sono molto frequentati dai raccoglitori che ricercano le specie più prelibate: l’ovulo (Amanita cesarea) o il porcino nero (Boletus aereus).
Siti particolari come il Monte Limbara, con una vegetazione originale con alcune specie vegetali alpine, presentano funghi singolari e poco diffusi nel resto dell’isola. Il crescente interesse verso i funghi ha portato diversi paesi di questa Comunità Montana (quali ad esempio Oschiri) ad organizzare mostre micologiche che sono visitate da migliaia di curiosi e appassionati e che si trasformano in occasioni straordinarie di promozione del territorio.

 

Caccia e pesca
Nel passato la caccia era molto diffusa; si mangiava molta selvaggina dal momento che gran parte della popolazione lavorava in campagna e aveva occasione di procurarsela. I territorio del "Monte Acuto" era nel passato il paradiso delle lepri e delle pernici; si cacciava moltissimo, e senza limiti temporali. Quasi tutti i pastori e i contadini, possedevano il fucile da caccia.
Abbondavano le quaglie, i beccaccini, le gallinelle d'acqua, le pavoncelle, i pivieri e le galline prataiole. In molte zone si praticava e si continua a praticare anche la caccia grossa, soprattutto la caccia al cinghiale. Alcuni cacciatori esercitavano la caccia come professione, e non di rado vendevano la selvaggina alle persone dedite alle attività terziarie che vivevano in città.
La pesca fluviale era abbastanza sviluppata in tutto il territorio. Le anguille venivano pescate in autunno mediante sbarramenti di pietre e reti, nei periodi di piena e quando l'acqua era torbida, e d'estate con nasse intrecciate. La tinca, abbondantissima nei fiumi e nei ruscelletti veniva pescata con le mani in primavera, mentre nel mese giugno la pesca avveniva mediante prosciugamento delle pozze. A partire dal 1940 le tinche sono state sostituite con le carpe.

Pagina aggiornata il 15/12/2023